Reportage nei Paesi dell’est europeo alla ricerca delle “auto giocattolo”
Che fine hanno fatto le Trabant?
Q
ueste immagini sono il frutto di un lungo lavoro di ricerca, durato qualche anno, viaggiando in alcuni paesi dell’est europeo, attraverso Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia ed ex Germania dell’est. È stato quasi come un gioco, una sorta di caccia al tesoro; andare in giro per questi Paesi e fermarsi di colpo per fotografare una Trabant spuntata “magicamente” dal nulla.
La storia della Trabant
Per circa quarant’anni la Trabant è stata l’auto simbolo del comunismo e ha avuto una larghissima diffusione in tutti i paesi dell’est europeo; “auto del popolo” per eccellenza, come già lo era stata la Volkswagen nel periodo del Terzo Reich.
Prodotta sotto il marchio Sachsenring, negli storici stabilimenti di Zwickau, regione della Sassonia, nella ex Repubblica Democratica Tedesca (DDR), dagli anni ‘50 sino a pochi mesi dopo la caduta del muro.
Con la riunificazione della Germania la fabbrica è stata costretta a cessare la produzione perchè inadeguata a competere con la concorrenza occidentale (Audi – Volkswagen – BMW – Mercedes), tecnologicamente molto più avanzata.
A dispetto dei tempi molto lunghi di consegna (anche diversi mesi) la produzione complessiva ha raggiunto numeri interessanti oltrepassando i 3 milioni di esemplari prodotti.
L’economica carrozzeria era interamente realizzata in Duroplast, materiale plastico rinforzato con fibra di vetro, lana e cotone, che permetteva di non utilizzare il più costoso acciaio e garantiva una totale assenza di corrosione. Per questa caratteristica costruttiva è stata paragonata ad un giocattolo. Purtroppo il Duroplast non è riciclabile e quindi di difficile smaltimento.
Forse è questo uno dei motivi per cui, ancora oggi, viaggiando nei paesi dell’Europa dell’est, si incontrano moltissime Trabant nelle situazioni più disparate. Alcune abbandonate nelle campagne o in una improvvisata autorimessa, oppure “riciclate” per altri utilizzi (prevalentemente in funzione di segnaletica o come cartellonistica pubblicitaria, in sostituzione delle più chiassose insegne al neon).
La cosa che forse stupisce di più è trovarne ancora in giro, nel parcheggio di un supermercato o ad uno svincolo autostradale, perfettamente funzionanti e spesso ben restaurate, oppure “modificate” con colorazioni particolarmente eccentriche, con strane appendici nella carrozzeria o trasformate in modelli cabrio.
Quello che resta è una documentazione, probabilmente futile, che testimonia però un’epoca che ormai fa parte dei libri di storia.