Reportage nei Paesi dell’est europeo alla ricerca delle “auto giocattolo”
Che fine hanno fatto le Trabant?
Q
ueste immagini sono il frutto di un lungo lavoro di ricerca, durato qualche anno, viaggiando in alcuni paesi dell’est europeo, attraverso Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia ed ex Germania dell’est. È stato quasi come un gioco, una sorta di caccia al tesoro; andare in giro per questi Paesi e fermarsi di colpo per fotografare una Trabant spuntata “magicamente” dal nulla.
La storia della Trabant
Per circa quarant’anni la Trabant è stata l’auto simbolo del comunismo e ha avuto una larghissima diffusione in tutti i paesi dell’est europeo; “auto del popolo” per eccellenza, come già lo era stata la Volkswagen nel periodo del Terzo Reich.
![Logo Trabant](https://www.francescogalliphoto.it/wp-content/uploads/2022/01/logo-trabant.png)
Il logo Trabant
Prodotta sotto il marchio Sachsenring, negli storici stabilimenti di Zwickau, regione della Sassonia, nella ex Repubblica Democratica Tedesca (DDR), dagli anni ‘50 sino a pochi mesi dopo la caduta del muro.
Con la riunificazione della Germania la fabbrica è stata costretta a cessare la produzione perchè inadeguata a competere con la concorrenza occidentale (Audi – Volkswagen – BMW – Mercedes), tecnologicamente molto più avanzata.
A dispetto dei tempi molto lunghi di consegna (anche diversi mesi) la produzione complessiva ha raggiunto numeri interessanti oltrepassando i 3 milioni di esemplari prodotti.
L’economica carrozzeria era interamente realizzata in Duroplast, materiale plastico rinforzato con fibra di vetro, lana e cotone, che permetteva di non utilizzare il più costoso acciaio e garantiva una totale assenza di corrosione. Per questa caratteristica costruttiva è stata paragonata ad un giocattolo. Purtroppo il Duroplast non è riciclabile e quindi di difficile smaltimento.
Forse è questo uno dei motivi per cui, ancora oggi, viaggiando nei paesi dell’Europa dell’est, si incontrano moltissime Trabant nelle situazioni più disparate. Alcune abbandonate nelle campagne o in una improvvisata autorimessa, oppure “riciclate” per altri utilizzi (prevalentemente in funzione di segnaletica o come cartellonistica pubblicitaria, in sostituzione delle più chiassose insegne al neon).
La cosa che forse stupisce di più è trovarne ancora in giro, nel parcheggio di un supermercato o ad uno svincolo autostradale, perfettamente funzionanti e spesso ben restaurate, oppure “modificate” con colorazioni particolarmente eccentriche, con strane appendici nella carrozzeria o trasformate in modelli cabrio.
Quello che resta è una documentazione, probabilmente futile, che testimonia però un’epoca che ormai fa parte dei libri di storia.